literature

Le Grandi Aquile

Deviation Actions

RaphaelAngel's avatar
By
Published:
598 Views

Literature Text

Il rapace si era posato appena sull’albero, ma il suo peso l’aveva fatto piegare come se fosse stato un ramoscello stanco, scosso da un’improvvisa tempesta di piume. I suoi occhi gialli si erano fissati sul ragazzo, squadrandolo da destra, poi da sinistra e poi ancora da destra, la prospettiva limitata della sua vista, capace di spaventare i cuori più indomiti. Ma non quelli del ragazzino.
Nessuno usciva di casa durante il giorno delle grandi aquile, tutti si barricavano nelle loro case, come vermi in attesa di essere sviscerati.
Ma Jonas era molto diverso dai suoi concittadini. Il ragazzo aveva disubbidito nuovamente, proprio come quando fissava la finestra, al di fuori della sua classe, soffermandosi sul cielo, con occhi vuoti, perso tra quei calcoli straordinari che erano in grado di reggere le nubi, attaccate all’azzurro dell’atmosfera come figurine su un album. Jonas faceva collezione di quelle nuvole, le annotava sul suo quaderno, con la copertina blu, proprio come il cielo di un notturno di Chopin.
E disegnava quelle nuvole, le ritraeva e ne catturava l’essenza, vedendone i volti che lo fissavano accigliati, offesi del fatto che non potesse aspettare il taglio di capelli del temporale, che veniva col suo borbottare da vecchio matusalemme, ma che sapeva usare le sue forbici lampeggianti meglio di qualsiasi altro parrucchiere della zona. Jonas sapeva che le nuvole volevano farsi belle per lui, ma al piccolo piaceva catturare il momento, come un vero e proprio fotografo, la natura in tutta la sua bellezza e bruttezza.  Certo gliene mancavano, di nuvole, alla sua preziosa collezione, ma Jonas non aveva fretta di avere subito ogni singolo pezzo, ogni piccola increspatura nell’enigma della vita.
Il bambino fissò l’aquila, che si era sporta in avanti, sbattendo un paio di volte l’occhio destro, come a voler valutare il suo coraggio e comprendere se non fosse solo stupidità o imprudenza. I colossali aeroplani piumati solcavano i venti dell’ovest, colorando il cielo dei loro toni marroni, coprendo la stratosfera con il loro straordinario viaggio migratorio.
Osare tanto, uscire durante il giorno delle grandi aquile, infrangere il più grande taboo della loro razza. Jonas era stato ardito, era scappato dalla felice monotonia della sua città, arrampicandosi sul colle verdeggiante, per incontrare le grandi aquile.
L’animale ricordò, in futuro, che il fanciullo aveva i piedi nudi, e ciò era veramente peculiare, nella sua straordinaria meraviglia, perché nessuno di “loro” andava in giro a piedi nudi. Gli arti inferiori erano sempre ricoperti da uno spesso amalgama di materiali diversi, sconosciuti, dal forte odore di carpentieri e massaie all’opera, sedute su un portico in una notte di mezza estate, col rattoppo in mano, e un sorriso nostalgico sulle labbra.
Jonas era diverso: i suoi piedini accoglievano l’erbetta fresca della rugiada serale con avvincente impazienza. I fili sottili, con le loro preghiere di fiori, solleticavano le piante di quella nuda pelle, facendolo sentire vivo, reale, piccolo e spensierato. Erano sensazioni capaci di miscelarsi assieme in un composto esplosivo, una mistura chiamata da tutti libertà, flagellatrice d’ordine e di codici, massacratrice della burocrazia cittadina, una parola buffa, che il bambino aveva, spesso associato al burro. E diciamocelo, che un “burrocrazia” sarebbe decisamente molto più fluida e flessibile di una burocrazia. Quei piedini nudi, erano stati in grado di comunicare, al grande uccello, la sete di libertà che bruciava nella gola del ragazzino.
Il pargolo s’avvicinò all’aquila, tendendole le due corde che teneva in mano, e per un secondo, solo per un attimo di pensieri infiniti, ella pensò che il piccino volesse imprigionarla, impedirle di volare, di riprendere il suo viaggio, assieme alla marea che navigava nel cielo, come galeoni perfetti, uno stormo di eleganza e di tempesta rapace. Aprì il suo grande becco giallo e gridò il suo lamento sofferente al fanciullo, facendolo indietreggiare di qualche passo, ma poi… poi comprese che il ragazzino non intendeva imprigionarla.
Quella di Jonas era una richiesta, un disperato urlo di libertà, come quello che lei aveva compiuto pocanzi. Il frugoletto voleva assaporare il cuore del cielo, desiderava soltanto spiccare il volo verso la sua vera vocazione. Era per questo, che il bimbo aveva staccato l’altalena, dall’albero dietro casa, facendo inquietare i propri genitori, come se lo staccare un’altalena da un albero fosse stato un crimine riconosciuto dallo stato.
Era per questo, che Jonas aveva fatto tutta quella strada, per incontrare una grande aquila, sfidando la leggenda e il mito che volevano il suo stormo come una squadriglia di sanguinolenti assassini.
L’aquila comprese, e vide che il fanciullo anelava alla libertà e ne ebbe profonda pietà, per il destino che lo aveva confinato in quella città, rinchiuso in una gabbia dorata, come un aquilotto incapace di spiccare il volo.
Jonas quasi singhiozzò di pianto gioioso, quando il grande rapace afferrò le due corde col suo grande e maestoso becco, lasciando pendere il seggio regale dell’altalena da esse, come se aspettasse solo che un sederino principesco vi si posasse le chiappe.
E il bambino si posò su quel trono, lasciando che l’aquila si gettasse nel vuoto, aprendo le sue grandi ali e lasciando che lui si dondolasse nel cielo, sfiorando le bianche nuvole sulle quali aveva tanto sognato. In quel momento persino la sua collezione di tratti celesti sembrava aver perso tutta la sua lucentezza. Il vento lo sfiorò con le sue carezze, l’altalena lo cullò dai suoi tormenti, e un improvviso squarcio nella sua casacca annunciò la nascita di due stupende ali piumate, che lo sollevarono in volo, oltre il seggio, di fianco alla grande aquila, come tanto aveva agognato di fare in passato.
Jonas aprì il suo becco, e lanciò un grido di libertà pura. Un nuovo aquilotto era nato.
Pezzo creato per il contest "In Volo" indetto da :iconartescritta:.
Il breve racconto è qualcosa che è semplicemente venuto da dentro. Non saprei neanche come spiegarlo bene, è quasi come se avessi voluto scrivere a parole un piccolo quadro, un momento, una trasformazione straordinaria. E' la trasposizione di un mondo interno che diviene realtà. Avete presente quando vi chiedete se veramente appartenente al mondo in cui vivete? Se c'è altro oltre le nuvole, qualcosa che vi chiama a riflettere sulla vostra esistenza, gettandovi in un volo di fantasia su quella sensazione di inadeguatezza? Ecco.. più o meno questo minuscolo pezzo parla di questo. Il bambino, la sua voglia di libertà, la diversità rispetto alla cittadina, inconsapevolmente felice della propria monotonia, rinchiusa dentro le sue credenze e le sue paure.
Alle volte ci si sente come se si volesse spiccare solo il volo, e sparire nel cielo profondo, assieme allo stormo di cose che non possiamo vedere, verso il mondo al quale più apparteniamo.^^
Buona lettura!
Come sempre, critiche e commenti sono ben accetti.
© 2013 - 2024 RaphaelAngel
Comments6
Join the community to add your comment. Already a deviant? Log In
Tazunee's avatar
Ciao (:
ma come si fa, a criticare un pezzo del genere! e non mi sorprendo neanche, come questo pezzo (racconto) ti sia venuto, perché da esso ne deduco di non essere l'unica a provare certe cose, tutte le volte che i miei occhi si perdono dentro il cielo...
Io non vedo aquile quì dove vivo, ma due falchi, che materialmente e con tutta la buona volontà, non riuscirebbero a sollevarmi da terra; però ci riescono, nella mia immaginazione.
Ecco perché questo racconto, così esplicito, così palpabile, lo sento quasi reale...
mi ha lasciato senza parole, ma con gli occhi brillanti.
bravissimo, comlpimenti :)